PRIMORDIALI ONDE RADIO IN DOLOMITI

*Su pubblicazione periodica “Le dolomiti bellunesi” numero 1/2005. Si ringrazia la redazione per la gentile autorizzazione alla pubblicazione

Rievocazione del primo radiocollegamento stabile tra rifugi nelle Dolomiti Orientali.

NEL 1936 SI STABILIVA, PRIMO DELLE DOLOMITI ORIENTALI, UN COLLEGAMENTO RADIO, IN FORMA STABILE, TRA DUE RIFUGI ALPINI E UNA LOCALITÁ DI FONDOVALLE PERMANENTEMENTE ABITATA.


Momento fondamentale nella storia di queste montagne, l’inaugurazione della maglia che collegava i rifugi “Maggiore Angelo Bosi” al Monte Piana e “Principe Umberto” alle Tre Cime di Lavaredo con l’albergo Sorapis di Misurina; oltre che servizio pubblico rappresentava anche un’affermazione della ricerca e della tecnologia nazionale nel campo delle radiotrasmissioni, scienza che, a quel tempo, si stava affermando foriera di impensabili sviluppi.


“Radiotrasmissioni” o, meglio, “radiocomunicazioni” alla metà degli anni Trenta erano termini assolutamente inconsueti che racchiudevano, per il pubblico profano, progresso e mistero. Radiocomunicare significava trasmettere informazioni a distanza mediante l’impiego di onde elettromagnetiche, comprese entro un intervallo di frequenza, emesse tramite antenna esterna da una primordiale stazione emettitrice (trasmettitore) e captate da una analoga ricevitrice, anche questa dotata di similare antenna. L’informazione lanciata dai ghiaioni basali delle Tre Cime o dalla sommità del Monte Piana in un baleno era ricevuta a Misurina. Una semplice richiesta di rifornimento per le necessità del rifugio, la ricerca di una persona o l’emotiva segnalazione di un infortunio alpinistico appena accaduto superava l’oggettiva distanza e i dislivelli, annullava i tortuosi sentieri, le polverose curve della rotta carrareccia, magra eredità delle vicende belliche della Grande Guerra in Regione Lavaredo.

Semplicemente, una rivoluzione

Per considerare l’importanza dell’ avvenimento è necessario riepilogare le tappe dell’evoluzione di questo mezzo di comunicazione nel mondo:


1894: Guglielmo Marconi (Bologna 1874 – Roma 1937) effettua i primi collegamenti
sperimentali, con segnali telegrafici affidati alle onde elettromagnetiche – il fenomeno, fondamentale per la scienza, era stato scoperto ancora nel 1885 dal tedesco Heinrich Hertz
(Amburgo 1857 – Bonn 1894) – stando nella sua casa di Pontecchio (Bologna).

1901: primo esperimento di trasmissione radiotelegrafica, attraverso l’Atlantico: Marconi
riesce a superare la distanza tra la Cornovaglia e Terranova con segnali limpidi e chiari.

1906: si realizza, negli Stati Uniti, la prima trasmissione radiotelegrafica.

1920: prime trasmissioni di radio pubbliche negli Stati Uniti.

1923: prima trasmissione a lunga distanza con l’impiego delle onde corte, da
parte della statunitense Westinghouse Electric.

1925: Londra e Sydney vengono collegate per la prima volta con radiocomunicazioni a onde corte.

1936: impiego stabile dalla comunicazione radio nelle Dolomiti del Cadore, per fini civili. Molto più tardi, ma sarà solo nel 1954, la ricerca giungerà alla realizzazione della prima radio a transistor, traguardo raggiunto dalla società americana Regency (l’anno successivo vi perverrà anche la giapponese Sony).

Voglia di scienza, desidero di comunicare


La volontà di impiantare – prima in Europa, da parte di un’associazione di alpinismo a vantaggio dei propri soci – una rete stabile per collegare i suoi principali rifugi era stata espressa dal Comitato Scientifico del C.A.I. che ne aveva affidato l’organizzazione e l’esecuzione a una particolare Commissione radiofonica presieduta, a quel tempo, da Franco Pugliese. L’associazione alpinistica, in questo campo, sembrava voler procedere molto più velocemente del Ministero delle Comunicazioni dell’allora regime fascista; è risaputo che, almeno nei primi tempi, quest’ultimo si limitò a utilizzare questo potente mezzo di comunicazione come “altoparlante” nazionale ed è anche noto che l’agenzia di stampa Stefani per molti anni rimase la fonte esclusiva del regime (ancora agli inizi degli anni trenta Mussolini dava testimonianza alla stampa di detenere il primato sui mezzi di informazione); solo nel giugno del 1933 con il proposito di favorire la diffusione della radiofonia nelle scuole e nelle campagne si giunse ad istituire l’Ente Radio Rurale: nel 1933-34 fu data attuazione a Radio Rurale e Radio Scuola; strumenti creati per estendere anche alle zone più periferiche la propaganda politica (Radiorurale era pure la denominazione di un famoso apparecchio ricevitore, creato appositamente da diverse industrie italiane e offerto a prezzi concordati a scuole, associazioni e circoli ricreativi).
Il Club Alpino nazionale da tempo era fortemente impegnato in coraggiose sperimentazioni: nel 1932 era stato effettuato, in occasione del congresso del Club Alpino Accademico, un collegamento radiofonico tra il passo del Pordoi e il passo Sella e l’anno seguente il Rifugio Margherita al Monte Rosa era stato messo in comunicazione con il Col D’Olen. II 22 febbraio 1936, con la significativa presenza dei presidenti delle due sezioni contermini – Plinio Giacobbi della gloriosa “Cadorina” di Auronzo e Giuseppe De Gregorio di Cortina d’Ampezzo – il Club Alpino Italiano inaugurava a Misurina il servizio di collegamento radiofonico in forma stabile con rifugi “Principe Umberto” e “Maggiore Angelo Bosi”. Non siamo a conoscenza dei motivi che indussero la commissione a scegliere proprio Misurina e i suoi rifugi come sede della prima rete fissa; in fondo, in quel momento, anche la blasonata Cortina disponeva di una sistemazione capillare di rifugi, molti dei quali in portata ottica, presupposto importante per assicurare un buon funzionamento con le primordiali apparecchiature allora a disposizione.


È probabile che abbia influenzato, nella decisione, l’assiduità con la quale numerosi alpinisti di punta, italiani e stranieri, frequentavano l’acrocoro delle Lavaredo o forse la voglia di dimostrare al pubblico tedesco – nella Germania nazista il mezzo della radio da tempo era ampiamente fruttato dall’articolato apparato di propaganda del regime – il primato raggiunto nella nuova scienza, nel quadro di una difesa dell'”italianità” della zona, ipoteticamente minacciata dalla contiguità con l’area di lingua tedesca.

Non è da scartare infine l’influsso della presenza, a Misurina, proprio in quegli anni, di quell’Emilio Comici, ai vertici dell’alpinismo dolomitico, personalità tenuta in grande considerazione dal fascismo, regime che non mancava mai di segnalare alla pubblica opinione di aver dato un vigoroso e benefico impulso all’alpinismo (nella temperie del periodo fascista vigeva l’entusiastica esaltazione degli atteggiamenti soprattutto atletici della conquista della montagna).
Le sedi interessate dalla rete erano il rifugio Principe Umberto – era stato costruito nel 1912 con la denominazione di rifugio Longères; bombardato il 24 maggio 1915 dalle artiglierie austriache, successivamente ricostruito e riaperto nel 1925, embrione dell’attuale costruzione che ospita il rifugio Auronzo – a forcella Longères, sul versante meridionale delle Tre Cime, di proprietà della Sezione Cadorina e il Rifugio “Maggiore Bosi” sul bordo meridionale della sommità del Monte Piana, punto di accoglienza nelle escursioni a quello che era stato, solo vent’anni prima, un teatro di battaglie particolarmente cruenti.
La stazione “a valle” alla quale facevano capo i rifugi era collocata all’interno dell’albergo Sorapiss, storica struttura ricettiva di Misurina, situata sulla sponda occidentale del lago, che in quel momento poteva contare sulla presenza di un apparecchio allacciato alla rete telefonica nazionale (a quel tempo la località era rappresentata come una delle più celebrate delle Alpi per soggiorno climatico d’alta montagna, oltreché per escursioni, alpinismo e sports invernali; in quel momento su 6 alberghi ben 4 erano dotati del telefono a filo).

Gracchianti apparati sulle Dolomiti
Fin dal primo momento i progettisti si trovarono impegnati a risolvere problematiche mai affrontate prima; occorreva infatti elaborare delle apparecchiature particolari, adatte alle condizioni dell’ ambiente di montagna. Innanzitutto dovevano essere sicure, affidabili, in grado di venire adoperate da qualsiasi persona anche non competente; inoltre dovevano avere una grande autonomia, idonee ad assicurare un buon funzionamento anche per parecchi mesi. Il partner industriale fu individuato nella ditta Allocchio Bacchini & C., una emergente realtà nazionale, fondata dagli ingegneri A. Allocchio e C. Bachini, con sede a Milano in Corso Sempione, 95.
Nata nel 1920 con il fine di creare e produrre strumenti di misura e telegrafici e guidata da valenti sperimentatori, la società lombarda si era subito indirizzata con successo verso il nascente settore delle radiocomunicazioni, campo nel quale raccoglieva notevoli successi, avvalendosi in seguito anche della collaborazione di due grandi pionieri della radio italiana, gli ingegneri Eugenio Gnesutta e Franco Magno. Al progetto del C.A.I. la società rispose con l’elaborazione tecnica di due diversi tipi di apparecchiature, il primo destinato ai rifugi, con alimentazione con batterie a secco; l’altro riservato al fondovalle, dove era disponibile la rete permanente dell’energia elettrica.


La problematica dell’individuazione della frequenza di trasmissione in montagna era stata affrontata già da tempo con numerose sperimentazioni compiute dalla già citata società: nel 1926 per alcuni giorni era stata interessata la zona del rifugio Marco e Rosa nel Bernina, a 3600 m, in condizioni climatiche varie. La tecnica delle onde corte si era subito imposta come ideale per collegamenti in montagna, perché consentiva la costruzione di apparati non molto complessi – particolarità che andava a vantaggio dell’efficienza – di dimensioni e peso ridotti. Una serie di sperimentazioni era stata effettuata dall’ ing. Cesare Bacchini ancora nel 1930 nella zona del Gran Paradiso; in quell’occasione le prove furono effettuate da apparecchi portatili che avevano un peso di 15 kg e autonomia di 20 ore. I successivi esperimenti, già citati, nella zona Pordoi-Sella nel 1932 e nel 1933 sul Monte Rosa portarono successivamente all’individuazione, nelle onde ultracorte, del mezzo più efficace nelle medie distanze, fino alla portata ottica di 10 km circa.
L’apparato realizzato appositamente per i rifugi – custodito in un contenitore metallico di foggia primitiva, di piccole dimensioni. 20x20x22 cm e del peso di 3 kg, fissabile a una parete – poteva essere fatto per funzionare con onde ultracorte (7 metri) o corte (15-20 metri) ed era dotato di due valvole che funzionavano a turno come trasmittenti e riceventi.
Un microtelefono, del tipo allora in uso nei normali impianti telefonici a filo, all’atto dello sgancio allertava immediatamente la stazione corrispondente mediante un relais sensibile; successivamente tra i due interlocutori si stabiliva la comunicazione fonica.
L’installazione in opera delle apparecchiature fu affidata a una ditta che dichiarava di aver sede nella vicina Dobbiaco; questa in seguito non mancò di pubblicizzare, con orgogliosa enfasi, sull’organo di informazione del CA.I., la compartecipazione al raggiungimento dell’impresa. Un perfetto radiotelefono UNDA funziona al rifugio Principe Umberto delle Tre Cime di Lavaredo per le comunicazioni coi rifugi circostanti e con Misurina… era il messaggio che appariva sotto la celebrata veduta della fantastica trinità da forcella Lavaredo. Non era solo retorica del tempo, il servizio assolveva effettivamente alla sua funzione: stando alle cronache ai primi di marzo dello stesso anno, poche settimane dopo l’inaugurazione, una intensa nevicata aveva completamente interrotto le comunicazioni in tutta l’area gravitante su Misurina.


Molti sciatori – tra loro parecchi stranieri, clientela tradizionalmente affezionata a quei luoghi erano stati costretti a rimanere bloccati nei rifugi dallo spessore della coltre (nei giorni di maltempo era caduto un metro e mezzo di neve) e dal conseguente pericolo di valanghe. Il solo mezzo di collegamento in quelle circostanze risultarono le gracchianti radio a valvole, le cui stazioni rimasero sempre in funzione per l’assistenza, per i rifornimenti, per la segnalazione dei luoghi soggetti a pericolo di valanghe. Negli anni successivi la presenza, sotto le Lavaredo, del radiotelefono in collegamento con Misurina era ostentata tra le dotazioni più importanti del rifugio più frequentato d’Italia (va ricordato che solo nel 1941 le istituzioni locali riusciranno ad avviare un progetto che avrebbe portato all’installazione lungo le principali arterie provinciali, le strade statali 48, 50 e 51, dei primi posti telefonici a disposizione degli automobilisti per le chiamate di soccorso).

Non solo montagna

Un nuovo sentiero era stato tracciato: il C.A.I, dalla sua fondazione costantemente impegnato negli obiettivi statutari, proseguiva energicamente anche nell’opera scientifica; le continue sperimentazioni praticate nel campo delle radiocomunicazioni dimostravano l’alto livello raggiunto dalla ricerca scientifica vera e propria. Il caso di Misurina costituiva oltreché una concretizzazione anche un esempio al quale molti guardavano con interesse. E vero che non era il solo e che ancora prima del 1934 era stato raggiunto il record dell’uso di una radio in alta montagna; ma si era trattato di un caso unico, quello di una spedizione che era riuscita a trasportare un apparato a circa 6400 m di altezza nella zona dell’Everest, costituendo perciò la trasmittente più elevata nel mondo.

La rete di comunicazioni sulle Dolomiti del Cadore ebbe immediato, spontaneo seguito: pochi mesi dopo cominciò a concretizzarsi un grandioso progetto di trasmissioni nella zona Ortles – Cevedale, opera ambiziosa che prevedeva l’integrazione tra i due sistemi radio e telefonico e la diretta inserzione della comunicazione con la rete telefonica normale. Anche le sperimentazioni dell’ing. Cesare Bacchini proseguirono: in quell’anno una cordata sali l’Ortles e si tenne in contatto per la prima volta in modo continuo con i rifugio Payer; e al Breuil, in occasione del congresso del Club Alpino Accademico Italiano, Romano Bacchini, sedicenne figlio dell’ingegnere, in un’ ascensione ai Jumeaux mantenne un continuo collegamento con il padre a fondovalle; in entrambi i casi le cordate avevano a disposizione un apparato portatile suddiviso in due robusti involucri di cuoio, il primo contenente il trasmettitore/ricevitore del peso di 3 kg l’altro con le batterie necessarie all’alimentazione. Pesavano “solo” 6 kg: una bazzecola! Sull’arco alpino nazionale si stava schiudendo una nuova era, giusto alla vigilia dell’anno (1937) nel quale la comunità scientifica avrebbe assistito, sgomenta, alla scomparsa di chi fu lo scopritore e il principale artefice di questa nuova scienza: l’italiano Guglielmo Marconi.

Meglio oggi o.. ieri ?


Oggi una quantità sbalorditiva di onde elettromagnetiche solca il territorio dolomitico e la copertura dei segnali per i terminali telefonici portatili (i cosiddetti “cellulari” o “telefonini” che hanno dato un apporto risolutivo nel salvare tante vite umane) è assicurata da una densa rete di stazioni ripetitrici; solo alcune recondite valli hanno ancora il privilegio di un “isolamento” anche di questo tipo. n questi luoghi il frequentatore assapora un ambiente senza questa particolare forma di inquinamento ed è perfettamente cosciente che la sicurezza non e più affidata a una tempestiva richiesta di soccorso, a una reazione quasi immediata degli organi di protezione. Quasi tutto dipende da lui, dalle sue capacità, dalla sua preparazione, da come è attrezzato. Non è una ricusazione del progresso, ma un ritorno alla montagna di un tempo, a quella dei progenitori, a stili di vita dei quali si ha ormai perso la memoria; per alcuni, addirittura, mai percepiti. E esigenza intima, spirituale, legata al rapporto uomo-natura. Ma questa è un’altra storia. Antonio Genova, Sezione di Pieve di Cadore.

P.S. Nel 2006 saranno trascorsi settant’anni dalle sperimentazioni che abbiamo appena rievocato: la ricorrenza passerà inosservata, o sarà occasione da cogliere – oltre che per una doverosa riflessione – dalla gloriosa Sezione Cadorina di Auronzo per una dignitosa
memoria, anche con riesumazione delle apparecchiature del tempo, magari con un convegno scientifico sulle telecomunicazioni.. o con un annullo speciale: magari anche con
qualcosa di più…

Antonio GENOVA